In questa guida spieghiamo cosa sono le obbligazioni ordinarie.
Per obbligazione ordinaria si intende un titolo di credito che conferisce al titolare il diritto di ricevere alla scadenza il capitale nominale indicato su di esso e di percepire periodicamente un flusso di reddito, sotto forma di cedola. La cedola viene tipicamente staccata ogni 6 o 12 mesi, ma nulla vieta che l’emittente decida scadenze differenti, infrannuali o pluriennali. Essa viene calcolata come percentuale del capitale nominale rimborsato alla scadenza, costituendone così un interesse.
Le obbligazioni ordinarie si differenziano da quelle strutturate, che includono anche un contratto derivato, che fa dipendere la remunerazione dell’investitore dall’andamento di uno o più parametri finanziari o reali.
Attenzione, però, a pensare che la sola cedola rappresenti l’intero rendimento dell’obbligazione ordinaria, perché molte volte non è così. Prima di spiegare il perché, dobbiamo premettere che un’obbligazione può essere sottoscritta dall’acquirente, obbligazionista, sia in fase di emissione del titolo, ovvero sul mercato primario, che sul mercato secondario, cioè acquistandola da altri investitori ai prezzi vigenti, i quali a loro volta variano sulla base della nota legge della domanda e dell’offerta.
Ora, può accadere che all’atto dell’emissione, l’obbligazione preveda un prezzo di sottoscrizione inferiore a quello nominale, ovvero che l’emissione avvenga sotto la pari. In altre parole, compro a 90, o altro prezzo inferiore a 100, ciò che mi sarà rimborsato alla scadenza a 100. Pertanto, oltre alla cedola, il mio rendimento sarà pari anche alla differenza tra 100 e il prezzo di emissione, rapportata al capitale investito e suddivisa per il numero degli anni che occorrono per giungere alla scadenza. Stesso discorso per il caso in cui comprassi l’obbligazione sotto la pari sul mercato secondario, indipendentemente da quale sia stato il prezzo di emissione.
Potrebbe anche accadere che il prezzo di emissione o acquisto sul secondario sia superiore a quello di rimborso alla scadenza. In questo caso, la differenza va sottratta alla cedola per calcolare il rendimento lordo annuale del titolo. Infine, se il prezzo di emissione o acquisto sul secondario è alla pari, si ha perfetta coincidenza tra rendimento e cedola.
In formula, si ha che il rendimento r = C/Pa + (Pe – Pa)/Pa.n, dove C è la cedola annuale, Pe è il prezzo di emissione del titolo, Pa il prezzo di acquisto o sottoscrizione ed n sta per il numero degli anni intercorrenti dalla data di acquisto alla scadenza.
Il rendimento di un’obbligazione è, quindi, inversamente proporzionale al suo prezzo. Più la domanda è elevata, maggiore è il prezzo del titolo e minore risulta il rendimento. In fase di emissione, per attirare la domanda, il debitore emittente spesso offre l’obbligazione a un prezzo sotto la pari, di fatto garantendo all’investitore un rendimento superiore a quello rappresentato dalla sola cedola.
Il rendimento di un bond, altro nome con cui si definisce l’obbligazione, intercetta il grado di rischio dell’investimento. Più una società emittente è ritenuta solida finanziariamente, minore sarà il rendimento che offrirà sul titolo. Il rischio viene segnalato a sua volta dal giudizio espresso da apposito agenzie di valutazione, attraverso il rating. Al di sotto di un certo rating, l’obbligazione perde la qualità di investment grade e viene gergalmente definita spazzatura, nel senso che presenta un elevato grado di rischio, ragione per cui offre un alto rendimento high yield.
Esistono vari tipi di cedola, tuttavia. Per il momento abbiamo supposto che essa sia offerta periodicamente in misura fissa sul capitale nominale, ma potrebbe essere anche di tipo variabile, per esempio, legata al tasso d’inflazione del periodo, oppure al tasso Euribor o ad altro indice prestabilito in fase di emissione, come da prospetto informativo. Generalmente, le cedole variabili prevedono un tasso minimo, che garantisce l’obbligazionista contro un’eventuale variazione negativa dei prezzi o di altro indicatore a cui è agganciata.
Esistono varie tipologie di obbligazioni. Quelle bancarie possono essere anche ad alto rischio, come nel caso delle subordinate. Si tratta di titoli con rendimento superiore a quello di mercato per omologa scadenza, in quanto prevedono che nel caso di fallimento della banca emittente, l’obbligazionista verrà rimborsato successivamente agli altri titolari di bond senior. Con l’introduzione della nuova disciplina sui salvataggi bancari in Europa, a partire dal gennaio del 2016 è previsto il coinvolgimento nelle perdite degli obbligazionisti subordinati per i casi di risoluzione.
Altre obbligazioni bancarie, dette covered bond, al contrario si mostrano più sicure di quelle ordinarie, in quanto sono coperte da un patrimonio separato e che non sarebbe intaccato nemmeno nel caso di fallimento dell’emittente. Pertanto, il loro rendimento risulta relativamente molto basso, in quanto l’investimento appare piuttosto sicuro.
L’obbligazione ordinaria pone l’investitore nelle vesti di creditore del soggetto emittente, ma esiste anche la possibilità di trasformare la propria condizione a una scadenza prefissata o al termine del rapporto obbligazionario, nel caso in cui l’obbligazione acquistata fosse del tipo convertibile in azioni delle società. In questo caso, la conversione avviene a un tasso prestabilito all’atto dell’emissione del titolo, per cui l’obbligazionista tenderà ad avvalersi o meno di questa clausola, sulla base dei prezzi, ossia della convenienza o meno ad esercitare la conversione.