In questa guida spieghiamo cosa sono le obbligazioni bancarie.
Le obbligazioni sono titoli di credito emessi da società private, tra cui le banche, o da enti pubblici, come i governi. In questo ultimo caso prendono anche il nome di titoli di stato. Le obbligazioni bancarie sono, dunque, prestiti che il mercato, ovvero i risparmiatori, concedono a un istituto di credito, che al pari di qualsivoglia altra società privata ha spesso bisogno di finanziarsi per effettuare investimenti .
Indice
Come Funzionano le Obbligazioni Bancarie
Le obbligazioni bancarie, quindi, come tutti i bond staccano cedole periodiche a tasso fisso o variabile, in base al tipo di emissione. L’obbligazionista ottiene così un rendimento, che sarà pari alla cedola su base annua, oltre all’eventuale differenza, se positiva, tra il prezzo di rimborso o di rivendita del titolo e quello di acquisto, frazionata per il numero degli anni di detenzione del bond.
Facciamo un esempio, la Banca Credito X emette un’obbligazione quinquennale al prezzo di 95 e con cedola annua fissa del 5%. Visto che alla scadenza sarà rimborsato 100, l’obbligazionista otterrà un rendimento annuo lordo, pari al 5% della cedola + (100 – 95)/5 = 6% totale.
Al pari delle altre obbligazioni diverse dai bond governativi, i rendimenti sono oggetto dell’imposizione con aliquota del 26%
L’aliquota si paga sull’interesse maturato con le cedole e sulla differenza tra prezzo di acquisto e valore alla scadenza, o prezzo di vendita se le obbligazioni vengono vendute prima della scadenza.
Nel caso di cui sopra, al netto l’obbligazionista otterrà un rendimento del 4,44%, anche se bisogna considerare anche il costo dell’imposta di bollo che grava sul conto titoli, la cui apertura è necessaria presso qualsivoglia istituto di credito per acquistare o vendere azioni, obbligazioni o altri prodotti finanziari.
Convenienza delle Obbligazioni Bancarie
Negli ultimi anni, le obbligazioni bancarie sono diventate molto appetibili anche al grande pubblico, per via dei rendimenti relativamente elevati che esse assicurano, specie in una fase di tassi zero come questa. Ecco, quindi, che è sorto il quesito se siano realmente così convenienti come sembrano o se nascondano rischi ignoti ai più.
A questo proposito, va detto che le obbligazioni bancarie possono essere di diverso tipo.
Ci sono quelle senior, che garantiscono all’obbligazionista un rimborso antecedente a quello degli altri obbligazionisti, in caso di di fallimento o liquidazione della banca.
Le obbligazioni Lower Tier II, sono le obbligazioni che, in caso di default vengono rimborsate dopo le senior. Sono i bond più diffusi e hanno una scadenza compresa tra 5 e 10 anni.
Le obbligazioni Lower Tier III hanno caratteristiche identiche agli LT3, ma hanno scadenza inferiore ai cinque anni. In caso di default la banca paga i titolari dopo i senior e gli LT2.
Le obbligazioni Upper Tier II solitamente hanno tasso fisso e scadenza 10 anni. In caso di default vengono pagate solo dopo avere pagato gli altri obbligazionisti indicati in precedenza.
Le obbligazioni Upper Tier I sono solitamente senza scadenza, anche se possono essere disinvestite dopo 10 anni, con cedola che aumenta nel corso degli anni. Rappresentano il grado più basso di obbligazioni, per cui in caso di default sono le più rischiose.
Negli ultimi anni hanno fatto la loro comparsa anche i co.co.bond, cioè contingent convertible bond o obbligazioni convertibili all’occorrenza. Sappiamo che alcune obbligazioni vengono emesse con la clausola di convertibilità, ovvero alla scadenza o successivamente a una certa data, esse possono essere convertite in azioni dello stesso emittente, su richiesta dell’obbligazionista e a un tasso di conversione prefissato.
I co.co.bond funzionano al contrario. Risulta essere la banca che può decidere a suo piacimento di convertire l’obbligazione, al verificarsi di eventi prestabiliti nel contratto obbligazionario. In genere, si tratta della discesa dei ratio patrimoniali al di sotto di alcuni livelli di capitalizzazione ritenuti importanti dal management o dalle regole bancarie nazionali e internazionali.
Ovviamente, si tratta di un tipo di obbligazione molto rischioso, perché è evidente che la banca chiederà la conversione quando non avrà sufficiente capitale per coprire le perdite, con la conseguenza che l’obbligazionista si ritroverà in mano azioni probabilmente dal valore azzerato dal mercato. Per questo, i co.co.bond offrono, in genere, rendimenti medio alti, che spesso allettano la clientela, ignara del fatto che sul piano normativo questi titoli sono considerati un misto tra debito e capitale di rischio, ovvero un misto tra obbligazioni e azioni.
Da segnalare, inoltre, che esistono obbligazioni garantite, covered bond. Non sono garantite direttamente dallo Stato o dalla banca d’Italia, ma risultano essere obbligazioni che, se si verifica il fallimento della banca, sono garantite da attività importanti, come crediti che la banca ha verso la Pubblica Amministrazione.
Le obbligazioni garantite sono disciplinate dall’articolo 7-bis della L. n. 130 del 30/04/1999 come modificato dalla L. n. 80 del 14/05/2005. La legge prevede che possano emettere queste obbligazioni solo le banche con un patrimonio di vigilanza consolidato di almeno 500 milioni di euro e con un coefficiente patrimoniale complessivo a livello consolidato di almeno il 2%.
Alla luce dell’approvazione delle norme sull’Unione bancaria, bisogna fare ancora maggiore attenzione, perché in caso di insufficienza di capitale, esse prevedono che la banca coinvolga nelle perdite con priorità gli azionisti, successivamente gli obbligazionisti subordinati, poi quelli senior e, infine, i depositi dei clienti superiori ai 100000 euro, prima di chiedere un salvataggio pubblico.
Dunque, aumenta il rischio sostanziale di vedersi rimborsato solo parzialmente il capitale investito con l’acquisto di un’obbligazione bancaria, specie se si considera che dopo anni di crisi finanziaria, molte banche europee hanno già attinto abbondantemente dal mercato azionario e potrebbero vedersi costrette, quindi, a fare gravare le perdite sugli altri privati, ovvero i creditori, nei limiti dell’8% degli attivi, stando alle medesime norme.
In generale, si consiglia di essere molto prudenti con le obbligazioni emesse dagli istituti molto esposti con i debiti sovrani più a rischio. Spiace dirlo, ma proprio le grandi banche italiane detengono la bellezza di oltre 400 miliardi di titoli di stato italiani e quando i rendimenti di questi ultimi salgono, i rispettivi prezzi scendono, la conseguenza è che il grado di capitalizzazione delle banche detentrici si riduce, aumentando il rischio di perdite a carico degli obbligazionisti.