In questa guida spieghiamo cosa sono i covered bond.
Vediamo inoltre come investire in questo tipo di obbligazioni e quali sono i rischi.
I covered bond o obbligazioni garantite sono titoli emessi dalle banche che presentano un basso profilo di rischio e che sono abbastanza liquidi, nel senso che i volumi di contrattazioni sul mercato secondario sono generalmente elevati, per cui risulta relativamente facile per l’obbligazionista rivendere il titolo o acquistarlo.
In Italia, si tratta di un mercato abbastanza recente, dato che formalmente i covered bond sono stati permessi e disciplinati solo con il decreto sulla competitività del maggio 2005, anche se le prime norme al riguardo risalgono al 1999.
Vediamo cosa significa concretamente obbligazione garantita. Parliamo di un titolo la cui restituzione del capitale e l’erogazione degli interessi sono garantiti da un attivo patrimoniale della banca appositamente dedicato allo scopo. Questo significa che l’obbligazionista in possesso di questo tipo di titoli può stare sereno, perché anche nei casi peggiori avrà diritto ad essere rimborsato, grazie alla presenza degli asset prioritariamente vincolati al rimborso dei crediti.
Vediamo quale risulta essere la procedura per l’emissione di un covered bond. Per prima cosa, la banca cede alcuni asset, siano essi titolo o crediti, a una società separata. Questa chiede alla banca cedente un finanziamento, che la seconda è in grado di erogare attraverso l’emissione delle obbligazioni. Il patrimonio della società è formalmente separato da quello della banca, in modo che gli asset destinati a garantire i bond emessi non possano essere aggrediti dai creditori bancari. Grazie a queste modalità, il mercato dei covered bond è abbastanza liquido e caratterizzato da elevati rating, ossia da giudizi molto positivi delle agenzie di valutazione, un elemento che ne abbassa i rendimenti, rendendo l’operazione per l’istituto vantaggiosa.
Infatti, gli investitori sono disposti a acquistare un’obbligazione garantita a un prezzo più alto di un bond di pari durata, in quanto l’avvertono quale meno rischiosa. Dicevamo che in Italia sono titoli normati da una decina di anni. In Germania, la disciplina risale a più di un secolo fa, mentre in Olanda e nel Regno Unito è molto recente, perché fino a poco tempo fa la loro negoziazione era affidata alla libera contrattazione tra le parti. In tutto, sono 22 i paesi europei in cui sono utilizzati.
Non tutte le banche possono emettere covered bond, ma solo quelle dotate di elevata patrimonializzazione. In particolare la possibilità di emettere queste obbligazioni è riservata a gruppi bancari con un patrimonio di vigilanza consolidato non inferiore a 500 milioni di euro e con un coefficiente patrimoniale complessivo non inferiore al 9%.
Se la banca intenzionata a emettere covered bond non fa parte di un gruppo bancario, deve essere in grado di soddisfare questi requisiti con il proprio patrimonio.
A tutela dei risparmiatori, nel nostro paese la Banca d’Italia monitora durante l’intera durata dell’operazione e con cadenza semestrale che il valore degli asset ceduti sia rimasto inalterato e che non abbia subito svalutazioni, che sia almeno pari al valore complessivo delle obbligazioni garantite ed emesse sul mercato, che gli interessi maturati sugli asset ceduti siano di valore almeno sufficiente a coprire quello degli interessi spettanti agli obbligazionisti.
Il veicolo emittente dovrà anche nominare un Asset monitor, ovvero un organo esterno e indipendente, che ha il compito di effettuare una relazione annuale sull’operazione e che sottoporrà al vaglio del Collegio sindacale della società emittente.
Di recente, questi titoli sono diventati più popolari anche in Europa, dopo che la BCE ha iniziato a acquistarli dagli ultimi mesi del 2014 con il fine di aumentare la liquidità sul mercato e sostenere il credito bancario. Tuttavia, in conseguenza di tale operazione, l’offerta di obbligazioni garantite sta risultando scarsa, in relazione alla domanda, nell’Eurozona, per cui il mercato è oggi molto meno liquido che in passato, ma per il semplice fatto che la BCE sta rastrellando una fetta importante dei titoli emessi e negoziati sul secondario.
Altre novità si hanno in Italia da un punto di vista legislativo, dopo il recepimento della direttiva europea sui salvataggi bancari, nota anche come norma sul bail in. Questa prevede che le banche, in caso di difficoltà, prima di chiedere l’intervento dello stato nazionale in cui hanno sede o del fondo europeo appositamente creato, debbano fare gravare le perdite, nell’ordine, sugli azionisti, sugli obbligazionisti non garantiti, sui depositi sopra i centomila euro, il tutto per l’importo massimo dell’8% degli attivi. Ne deriva che sono esclusi dall’applicazione delle nuove norme i covered bond, che da un punto di vista legale sono di fatto assimilati ai depositi al di sotto dei 100 mila euro, ossia al risparmio meritevole di garanzia assoluta, anche in caso di liquidazione o fallimento della banca.
In realtà, la precisazione appare anche superflua, data la separazione patrimoniale sopra accennata tra banca e società veicolo.
Riassumendo, i covered bond sono emessi dalla banca, che allo scopo di garantire il risparmiatore cede a una società terza assets a copertura dei titoli. Questi asset maturano interessi, che non devono essere inferiori a quelli erogati dalla banca agli obbligazionisti. Periodicamente, la Banca d’Italia monitora che il valore degli asset e dei relativi interessi non sia mai inferiore alla massa dei titoli coperti. Grazie a questi accorgimenti, la banca è in grado di rifinanziarsi a costi più contenuti delle altre alternative, anche se deve mettere in conto di dovere vincolare per l’intera durata del rapporto obbligazionario una fetta di patrimonio, pertanto, non cedibile e anche questo rappresenta per essa un costo, in termini di opportunità.